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#ParoleinUSO | Beltran: “Peccato per lo stop, ma c’è grande fiducia. A Zanica ho trovato un gruppo importante”
FotoNicolas Beltran, esterno classe 1995
ZANICA – Con il ritorno (ahinoi) del lock-down, ritorna anche la rubrica #ParoleinUSO con l’obiettivo di farvi conoscere meglio i protagonisti del mondo rossoblu. A ‘bagnare’ questo nuovo esordio è Nicolas Beltran, esterno classe ’95 della Prima Squadra rossoblu.
Origini argentine, ma nato e cresciuto in Italia, entra a far parte del settore giovanile del Pergocrema per poi esordire con i ‘grandi’ a Paladina con cui disputa una decina di campionati tra Promozione e Prima Categoria distinguendosi per caratteristiche tecniche ed intensità, prima dell’approdo in estate all’USO Zanica.

Buongiorno Nico. Purtroppo la seconda ondata di Covid-19 ha imposto il fermo delle attività. Quali erano le tue sensazioni prima di questo stop forzato?
“Erano delle sensazioni forti, uniche. Quella tensione positiva attorno ad uno spogliatoio e una società pronta per fare qualcosa di grande. Clima di fiducia, la nascita di qualche consapevolezza e la voglia di continuare il trend positivo. È un peccato questa “pausa forzata”, ma il mio essere positivo dice che se siamo rimasti fermi per tanto tempo e siamo ripartiti forte, una piccola pausa è come il solletico, appena finisce tutto passa”.

Facciamo un passo indietro e torniamo a quest’estate. Dopo quasi dieci anni importanti decidi di lasciare Paladina, per scendere di categoria e sposare la nostra idea di calcio. Cosa ti ha convinto a fare questa scelta?
“L’entusiasmo. Credo che l’entusiasmo sia la ‘persona’ che mi ha convinto più di tutte. E’ un qualcosa di unico, figlio della società, figlio del mister e dello staff, figlio della dirigenza.  Un bambino che va alimentato con la follia di chi ama questo sport. Da appassionato mi sono trovato a scegliere tra diverse alternative e Zanica è quella che mi ha dato una ‘persona’ che io amo e con cui voglio stare. Sicuramente quindi sono stati decisivi entusiasmo e voglia di fare”.

Al tuo arrivo che gruppo hai trovato? C’è qualcuno che ti ha stupito in particolare?
“Al mio arrivo prima di tutto ho trovato un Gruppo con la G maiuscola. Una squadra fatta da uomini oltre il campo. Ho trovato la sensazione che noi di origine latina amiamo più di tutte, quella della famiglia. Quell’ecosistema senza il quale siamo tutti un po’ persi. Non posso dare spazio a nessuno dei miei compagni più di altri. Quando si parla di campo ognuno sa di avere il suo ruolo, spazio e valore. A livello umano ribadisco è una squadra fatta da persone, dove non ti annoi a parlare di cose extra calcio, in cui sai che hai delle spalle su cui contare, perché la volontà e il bene comune sono primari”.

Oltre a giocare, nonostante la giovane età gestisci un locale (Chalet Cene), un’agenzia di comunicazione (NB Agency), fai il cantante ed alleni anche una formazione di pallavolo. Qual è il tuo segreto? Come fai a trovare il tempo per fare tutto questo?
“Ho un grande esempio, i miei genitori. La loro storia è unica ma non mi voglio dilungare. L’insegnamento più grande che mi hanno sempre dato è quello di fare ciò che nella vita ti rende felice. Il segreto è quello. Facendo così le giornate durano di più perché vivi con la gioia ogni attimo. Le mie attività rispecchiano tutte questa cosa. Sono lavori in cui l’imprevisto è sempre presente, quindi bisogna affrontarle con dinamismo e caparbietà. Io sono un agonista ed in quanto tale amo le sfide e oggi la più grande è rappresentata dal poter fare cose diverse e riuscire a sostenerle tutte, che siano musica, pallavolo, la gestione di un’attività o il calcio. Sono scelte che ho fatto e se si sceglie di fare qualcosa la si fa”.

 Torniamo alla nostra passione comune: il calcio. Come nasce per te l’amore per questo sport?
“Ho dei genitori argentini, quindi penso basti a rispondere. Comunque loro mi hanno trasmesso genericamente l’amore per lo sport in ogni sua forma. Vivono questa tensione e agonismo nella vita di tutti i giorni. Mia sorella è una professionista nello sport, prima da giocatrice e poi come giornalista. Entrambi i genitori sono preparatori atletici e allenatori. Mi ricordo ancora che da bimbo, quando aspettavo che loro finissero in palestra, ad accompagnarmi c’era sempre un pallone. Un’altra cosa che mi lega a questo sport sono le sensazioni. Come ognuno di noi per il calcio ho riso, pianto, festeggiato, imprecato e ho avuto paura di perderlo dopo un brutto infortunio. L’amore per il calcio si può definire in mille modi e forme, ma la definizione migliore è il brivido che si prova quando si dà un calcio al pallone”.

Quali sono i tuoi obiettivi personali e di squadra per la stagione in corso?
“Non mi espongo mai personalmente. Ho forti valori di squadra e l’individualismo non mi appartiene. Però quest’anno mi sono posto anche una sfida personale, quella di superare il record di gol fatti in un campionato di Prima Squadra. È fermo a 12 da un po’ di anni e non mi dispiacerebbe avvicinarmi. Di riflesso l’obbiettivo è vincere un campionato, cosa che mi manca , o fare comunque il salto di categoria. Questo è personale nel contesto di squadra. Quindi vincere e ... vincere sennò risulto schierato politicamente”.

05/11/2020


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